El Gigante, Messico, nuova via
A marzo un team internazionale di arrampicatori, tra cui il portoghese Leopoldo Faria, hanno salito una via di 400 metri sulla parete di El Gigante in Messico.
Ai primi di marzo il climber portoghese Leopoldo Faria, insieme ai messicani Daniel Castilho ed Emiliano Fernandez e allo spagnolo Joseba, ha trascorso 20 giorni nella valle El Gigante in Messico per esplorare la zona e cercare di aprire una nuova via. Dopo 400m di salita il team ha rinunciato, a circa 500m dalla cima, a causa di una zona immensa di roccia liscia. I quattro hanno chiamato la loro via "No Mamés" e il report di Faria è pubblicato qui di seguito.
20 giorni nella valle El Gigante
La prima volta che ho sentito parlare di El Gigante è stato nell’estate del 2009 da un amico messicano, Daniel "Wey", che era stato lì qualche anno prima, per eseguire la prima salita di un via sulla cascata Basaseachi. Pochi mesi dopo mi ha invitato ad unirsi a lui con altri tre arrampicatori con l’obiettivo di salire un’altra nuova via.
Viste le poche informazioni riguardanti il luogo, non sapevamo bene dove saremmo saliti e che tipo di attrezzatura sarebbe stata necessaria. Dopo tre giorni di escursioni a piedi attraverso la giungla, trasportando più di 300 chili di materiale e cibo, abbiamo finalmente avuto la possibilità di vedere e scegliere il muro che ci piaceva di più. Abbiamo stabilito il nostro campo base a 20 minuti da Volada Piedra, una bella e ripida parete inviolata, alta 400m. Durante il primo approccio abbiamo capito subito che avremmo dovuto investire almeno altri tre giorni soltanto per trasportare tutta l’attrezzatura alla base della parete, e siccome avevamo soltanto 20 giorni a disposizione, eravamo costretti a trovare una "rapida" alternativa, così abbiamo deciso di tentare la fortuna sulla famosa torre di El Gigante.
La maggior parte delle vie esistenti su questa imponente parete alta 900 metri sono vie di artificiale e abbiamo capito subito il perché: la quasi totale assenza di protezioni naturali, la roccia povera e la verticalità rendono quasi impossibile la scalata in libera mentre si apre un tiro.
L’aspetto positivo di tutto questo è che non potevamo salire contemporaneamente tutti e quattro, così abbiamo avuto modo di esplorare e goderci le infinite potenzialità dei boulder nel canyon. Alla fine abbiamo salito quasi 50 nuovi boulder, da V0 a V12, e se non fosse per il difficile accesso, questo canyon potrebbe davvero essere un luogo mozzafiato per l’arrampicata.
I primi giorni li abbiamo passati ad evitare la brutta roccia iniziale in modo da raggiungere la seconda metà della parete che, anche se su terreno più ripido, sembrava offrire roccia più solida e più protezioni naturali. Dopo 400 metri di lavoro brutale, di apertura e pulizia dei tiri per rendere possibile l’arrampicata in libera, abbiamo raggiunto una sezione in cui procedere si è rivelato impossibile (almeno per noi alla ricerca di una linea che andasse in libera). Eravamo di fronte ad enormi sezioni di roccia prive di prese in tutte le direzioni e tutti avevamo la stessa sensazione: era giunto il momento di fermarsi e liberare i tiri sottostanti.
Siamo riusciti a liberare tutti i tiri, tranne il penultimo. Dopo due giorni di fatica sono riuscito a risolvere tutti i movimenti, ma si sono poi rotte alcune prese ed ero semplicemente troppo stanco per riprovare tutto di nuovo.
Dobbiamo ringraziare i nostri sponsor e gli amici che ci hanno sostenuto così tanto: Petzl, Beal, Nuria, Martin, Varis, Omar, Diego, Santiago and Don Santiago.
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