Moonbears, nuova via alla parete del Limarò

Tra l’autunno 2010 e la primavera 2011 Ermanno Salvaterra e Michel Ghezzi hanno aperto Moonbears (185m, dal III° al VI°-) sulla parete del Limarò (Piccolo Dain, Valle del Sarca).

C’è una nuova via sulla parete del Limarò, l’avancorpo del Piccolo Dain da qualche anno molto frequentato dai climber. Moonbears – il nome della via è a sostegno della battaglia civile per salvare gli orsi della luna – segue un’evidente fessura/diedro per 7 lunghezze. La difficoltà è abbordabile (dal III° al VI°-), è spittata con fix inox 10mm, e ha richiesto agli apritori, Ermanno Salvaterra e Michel Ghezzi, 20 giorni di duro lavoro di pulizia e disgaggio. Insomma, tutta quella faticosa passione che gli apritori (o “chiodatori” che dir si voglia) conoscono bene. E, fin qui, c’è “la notizia”, che aldilà della difficoltà certo non “top” per gli standard attuali, pensiamo possa interessare molti climber. Poi, c’è la domanda che ci siamo posti noi quando la relazione è arrivata in redazione: ma cosa avrà spinto Ermanno Salvaterra (non un omonimo, ma proprio quello che ha scritto parte della storia del Cerro Torre) a impegnarsi in questi 20 giorni di non piacevolissimo “disgaggio” per una via come questa? Noi l’abbiamo chiesto sia a lui, sia al suo compagno in questa avventura/lavoro… Forse la risposta non la troverete o forse sta tutta semplicemente in quella stessa (insana?) passione-innamoramento del Salvaterra patagonico…

Moonbears – il racconto di un perché che non c’è…
di Ermanno Salvaterra

E’ quasi la fine di maggio e non so cosa fare. Non ho nessuno con chi andare ad arrampicare ma ho voglia di fare qualcosa, di piccolo, ma non voglio stare a casa ad oziare. Guardo su internet e decido di andare alle Sarche, sulla parete del Limarò. Non mi sembra male la via 12 alberi e un’ora dopo sono alla base della via. Da anni ormai, oltre il V° grado, non ci vado più slegato. Le solite manovre e salgo autoassicurato. La salita mi pare divertente. Quando sono di nuovo in macchina e comincio a salire i tornanti che portano a casa, in alto, prima di entrare in galleria mi fermo alla piazzola da pic-nic. Passo la strada e guardo verso la parete. Conto più di 15 cordate impegnate sulle varie vie presenti e rimango esterrefatto da tanto “traffico”. Passa qualche giorno e mi informo su quella parete. Mi dicono che ci sono molti scalatori perché le vie non sono estreme e, quindi, aperte a molti più arrampicatori.

Ho deciso. Vorrei aprire anch’io una via su quella parete ma la mia vecchia indole di alpinista mi porta a guardare la parete nel suo intimo e scopro una linea logica. Un diedro che parte da giù e come una serpe arriva in alto. Bene… quella sarà la mia linea. La parete però fa schifo ed è più verde e marrone che grigia di roccia. Che mi importa? Sarà solo questione di tempo e voglia. Credo di avere tutte e due quelle “cose”. Faccio un giro e salgo un tratto della via e fra le zolle d’erba e gli arbusti trovo anche due vecchi chiodi ma mi sembra possa essere stato un vecchio tentativo di qualche temerario e, forse, anche quando c’era meno vegetazione.

Ho conosciuto da poco Michel e così approfitto della sua disponibilità. Gli propongo il lavoro su quella via. “Saranno molte giornate di lavoro ma credo ne uscirà qualcosa di buono”. Michel accetta la mia proposta e diamo inizio all’opera. Sono tante le giornate che passiamo al lavoro. Più volte saliamo slegati dalla via “Orizzonti dolomitici”. Abbiamo due zappe, martelli speciali, spazzole di ferro di vari modelli e… la “bomba”, come la chiamiamo noi. Il soffia-foglie da portare in spalla per quando grattiamo la terra e poi la soffiamo in basso. Dobbiamo solo stare attenti a quelli che salgono per scalare.

Poi arriva l’inverno e la parete rimane imbrigliata dalle corde fisse. E’ arrivata la primavera ed il lavoro riprende. Già il secondo giorno finisco all’ospedale con un occhio conciato male per i granelli di roccia che mi sono finiti negli occhi a causa della “bomba”. Un male della madonna e qualche giorno di riposo. Poi gli ultimi due degli almeno 20 giorni di disgaggi ma la via è finita. Ormai, a pezzetti, l’abbiamo scalata tutta. E’ pronta!

Stamattina siamo partiti alle 6 da casa mia. Alle 7 eravamo già alla fine del primo tiro facile, dopo aver messo alcune piastrine mancanti. La via è molto divertente e più facile di quel che pensavamo. Fino a oggi avevamo arrampicato con gli scarponi e, con le scarpette, le difficoltà sono molto più abbordabili. Siamo proprio contenti del lavoro che ne è uscito e speriamo faccia contenti tanti scalatori. Nei nostri tanti viaggi per andare alle Sarche quasi sempre parliamo di animali e sarà per questo che la nostra via la chiameremo “MOONBEARS”, pensando a quei poveri orsi della luna massacrati in Cina, Vietnam e Corea (www.orsidellaluna.org).
Ermanno Salvaterra

La “proposta indecente” ovvero c’è da fare solo “qualche giorno”
di Michel Ghezzi

Driiin… Squilla il cellulare. E’ Ermanno. Ci siamo conosciuti solo da pochi giorni per un lavoro che dovremo fare insieme. Su due piedi accetto la sua "proposta indecente". Quando arriviamo in vista della parete mi sembra subito che andare ad aprire una via in mezzo a tutta quella vegetazione sia una cosa un po’ da matti… anche se parlando con Ermanno sembra che il lavoro di pulizia dovrebbe durare al massimo qualche giorno.

Le giornate in parete trascorrono velocemente, tra sassi in testa che mi tira Ermanno (sempre con una precisione millimetrica), risalite slegati sulla via a fianco con gli scarponi e gli zaini pesanti e le mille idee che ogni giorno ci passano per la testa, come quella, per fortuna poi scartata, di trasportare una sabbiatrice in parete per ripulirla dalla terra.

Non posso certo riportare tutte le imprecazioni che sono rimbalzate da una parete all’altra di quel diedro… in ogni caso, giorno dopo giorno, la nostra via ha preso forma e, adesso che è finita, rimane un po’ di nostalgia per quei giorni intensi passati insieme. Chissà che non ne nasca un’altra vicina!
Michel Ghezzi

>> Scheda MOONBEARS

Click Here: mochila fjallraven