Turbe psichiche a Schievenin, prima libera per Andrea De Giacometti
Andrea De Giacometti libera la via di arrampicata sportiva Turbe psichiche chiodata nel 1988 da Pierangelo Verri nella Valle di Schievenin (BL). Il report di Andrea De Giacometti.
Schievenin è una piccola frazione del comune di Quero (BL). E’ situata circa a metà dell’omonima valle, da cui prende il nome, ed è solcata dal piccolo ma rinfrescante torrente Tegorzo. A metà degli anni ’80, un gruppetto di 10/12 persone tra cui Francesco Gherlenda e Manrico Dell’Agnola, iniziarono a chiodare i primi itinerari. Il settore “La lavagna” fu il primo a veder tracciate le prime vie a spit. Durante gli anni successivi e, attivamente anche negli ultimi anni, Giuseppe D’Avanzo alias “Bepi motocarro”, Paolo Piaia, Franco Beninca’, Angelo Codemo e il fortissimo alpinista Pierangelo Verri diedero vita a una moltitudine di vie spittando molti settori della valle. I settori che hanno visto nascere le vie piu’ impegnative e sopra l’8a sono le “Placche di Pont”, “La maserona”, “Le colombane” e il “Settore gastronomico”.
La Valle di Schievenin è una delle falesie più conosciute del Triveneto grazie alla sua varietà di placche, strapiombi e tetti, ma soprattutto grazie all’ampia scelta di itinerari facili. Per questi motivi è molto frequentata dalle famiglie e dai corsi di alpinismo e di arrampicata sportiva; qui infatti la gente può avvicinarsi in maniera molto graduale all’arrampicata, senza doversi preoccupare della distanza troppo eccessiva e pericolosa delle protezioni, ma occhio sempre a chi vi assicura!
Non ho mai frequentato questa falesia, a parte durante qualche corso di alpinismo, non mi ha mai entusiasmato e “attirato” soprattutto per la sua grande frequentazione; preferisco arrampicare in posti dove non sento il vociare e le grida delle persone, pareti che vedono pochissimi climbers all’anno, immerso nella solitudine, la mia solitudine. Scegliere di scalare lontano dagli altri non significa avere paura del loro giudizio o essere asociali, “lupi solitari”… è bensì una scelta di non condivisione di un’emozione soltanto tua, un modo di vivere quel momento, un’emozione che altrimenti non potrebbe essere tale se “invasa” da altre persone oltre a quelle prescelte… Le emozioni infatti nascono dentro ad ognuno di noi, giocano coi nostri sentimenti e si plasmano in base a quello che ci circonda, a quello che viviamo in un determinato momento. C’è chi è più “permeabile” di altri e sceglie quindi una sorta di solitudine che gli permetta di emozionarsi al proprio meglio, magari diversamente da molti. Questo mio pensiero è condiviso anche da Pierangelo Verri, che spesso sceglie di aprire vie in posti impervi e selvaggi, senza minimamente pensare a possibili ripetizioni, perchè in fondo anche lui come me lo fa per se stesso e basta.
La via Turbe psichiche fu chiodata nell’88 da Pier Verri nella “Parete dell’orto” e tentata sporadicamente dallo stesso e da altri senza però che nessuno ne venisse a capo. La via è lunga pressapoco una ventina di metri e, oltre a un tetto d’uscita, presenta una difficile sezione di boulder su un bombé a metà. I primi metri sono piuttosto semplici ma la marcia per poter proseguire cambia in modo considerevole. Un boulder di dita, molto fisico e di difficile comprensione fa di quest’itinerario il più difficile della valle, oltre a dare significato alla scelta del nome.
In un’estate calda e afosa e su consiglio di un amico, decido di dare un’occhiata a questa via ormai messa nel dimenticatoio da tutti i local. Da subito la trovo interessante; quel boulder sembra darmi del filo da torcere e un appiglio “dentato” mi strappa letteralmente la pelle dalle dita più volte, facendomi tornare a casa con la coda fra le gambe. La temperatura non è delle migliori, nemmeno il fresco Tegorzo sembra allietare i pomeriggi in valle e per qualche tentativo occorre aspettare la sera, quando la parete non si trova più al sole. Dopo qualche tentativo riesco a risolvere quei duri passaggi e concateno l’intero tiro in breve tempo. Propongo una difficoltà che può aggirarsi attorno all’8c ma, data la sua disomogeneità, forse anche qualcosina in meno.
Grazie a Pier per il tempo che mi ha dedicato scambiandoci racconti e condividendo pensieri comuni durante una mattinata in valle, e a Laura per la solita ed instancabile voglia di risalire metri di corda assieme alla sua inseparabile macchina fotografica.
Andrea De Giacometti
Ringrazio Montura e Petzl per il supporto.
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